Truffe legate alle acquisizioni dei conti correnti, nel 2020 +20%

Nel 2020 la pandemia di Covid 19 ha favorito la crescita del numero di servizi finanziari digitali e di e-commerce utilizzati da casa. Gli esperti di Kaspersky hanno osservato come questo abbia causato un notevole aumento nelle tecniche di ingegneria sociale sfruttate dai criminali informatici. Secondo quanto emerso dal report Kaspersky Fraud Prevention, nel 2020 una transazione fraudolenta su due in ambito finanziario riguardava l’acquisizione di account (account takeover), e secondo le statistiche anonime rilevate dalla soluzione Kaspersky Fraud Prevention da gennaio a dicembre 2020 la percentuale di questi incidenti è stata del 54% contro il 34% del 2019, registrando un aumento del 20%.

Gli schemi del soccorritore e dell’investitore

I due schemi più comuni per ottenere l’accesso a un conto bancario rimangono gli stessi del 2019, ovvero quelli che vengono definiti come gli schemi del “soccorritore” e “dell’investitore”. Nel 12% degli attacchi che avevano lo scopo di ottenere l’accesso agli account degli utenti, sono stati sfruttati in modo improprio strumenti legittimi di amministrazione remota (RAT) come TeamViewer. La prima tattica usata dai cybercriminali è quella per cui i truffatori si fingono “soccorritori”, ovvero finti esperti di sicurezza che si propongono per “salvare” gli utenti, chiamando i clienti delle banche spacciandosi per addetti alla sicurezza offrendo il loro aiuto per risolvere presunti addebiti o pagamenti sospetti.

I truffatori si presentano come impiegati di una banca

Ai clienti viene quindi chiesto di verificare la loro identità attraverso un codice inviato tramite un messaggio o una notifica push, oppure di bloccare una transazione sospetta o ancora di trasferire denaro su un “conto sicuro”. Possono anche chiedere alla vittima di installare un’applicazione per la gestione remota fingendo che sia necessaria per la risoluzione dei problemi. I truffatori spesso si presentano come impiegati di una delle banche più importanti del Paese e utilizzano uno spoofed caller ID per le chiamate in arrivo per riuscire nell’intento di spacciarsi per una vera banca.

Quando i cybercriminali si fingono consulenti di una società di investimento

Il secondo esempio è quello in cui i criminali informatici agiscono in qualità di “investitori”. In questo caso i truffatori si fingono dipendenti di una società di investimento, o consulenti di investimento di una determinata banca. Chiamano i clienti offrendo un modo rapido per fare soldi e proponendo investimenti in criptovalute o in azioni direttamente dal conto del cliente senza la necessità di recarsi in banca. Come prerequisito per fornire il “servizio di investimento”, l’investitore chiede alla potenziale vittima il codice ricevuto in un messaggio di testo o in una notifica push.

“I clienti delle banche danno sempre un grande valore alla semplicità con cui possono accedere ai loro conti corrente e alle operazioni finanziarie abituali dichiarato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky. Ecco perché crediamo che le soluzioni per il settore finanziario dovrebbero fornire un livello molto alto in termini di misure di sicurezza, comprese quelle che riguardano la protezione contro le frodi”.

Il Covid fa crescere la percezione d’incertezza nel lavoroavoro

L’emergenza sanitaria ha minato le certezze degli italiani, e oggi il 43% dei lavoratori teme di perdere il posto o non si sente sicuro del proprio impiego. Nell’incertezza cresce l’attaccamento all’impiego attuale, e scende la percentuale di insoddisfatti, così come l’ambizione di avviare un’attività. Segnali di aumento delle preoccupazioni, quindi, che emergono anche in prospettiva. Tanto che pur di conservare il lavoro, se fosse necessario, una parte non trascurabile degli italiani sarebbe disposta anche ad accettare qualche compromesso. È quanto emerge del Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro di Randstad, l’operatore di servizi Hr, che ha analizzato la capacità di adattamento dei lavoratori all’emergenza Covid19, e la percezione sul mercato del lavoro post pandemico.

I più insicuri sono gli under 35

Oltre sette italiani su dieci si dichiarano soddisfatti del loro lavoro (72%, +3% sul 2019), soprattutto le donne (74%), i dipendenti sotto i 25 anni (81%) e che lavorano nelle regioni del sud (76%). Solo il 6% è insoddisfatto. Nell’ultimo semestre, rispetto alla fine del 2019, è aumentata di tre punti la percentuale di italiani che hanno un chiaro timore di perdere il posto di lavoro (12%), mentre la sensazione generale d’insicurezza è salita di cinque punti (31%). I segmenti più insicuri sono gli under 35 (circa il 50%) e i lavoratori del sud (uno su due) e del nord est (uno su tre).

La protezione dello stipendio è l’aspettativa principale

Pur di non perdere il lavoro gli italiani sarebbe disposta anche ad accettare una riassegnazione di ruolo all’interno dell’azienda (29%), la cassa integrazione o una riduzione dell’orario di lavoro (21%), oppure un aumento dell’orario con lo stesso stipendio (17%), la perdita di benefit (15%), un contratto a termine (10%) o un taglio dello stipendio (8%). La protezione dello stipendio è la principale aspettativa per il post pandemia (54%), seguita da politiche di salute e protocolli di sicurezza (41%), comunicazione trasparente (39%), corsi di formazione (36%) e assicurazione sanitaria (32%). Il 21% indica poi i programmi di assistenza ai dipendenti, come il supporto psicologico, e il 15% le risorse per i dipendenti, come ad esempio, il gruppo genitoriale.

Non è il momento giusto per fare cambiamenti

L’indice di mobilità lavorativa negli ultimi sei mesi però è lo stesso di dodici mesi fa (23%), senza differenze rilevanti per genere e area di residenza. Nei prossimi sei mesi il 29% del campione prevede di fare lo stesso lavoro presso un’altra società, un altro 29% cambierà lavoro all’interno della stessa azienda e il 22% svolgerà un’altra mansione in un’altra impresa. Cala anche la percentuale di lavoratori che sta attivamente cercando un nuovo lavoro, passando dal 12% al 9%. Non manca l’attenzione a nuove opportunità, con il 25% che si sta guardando attorno (+3%). Che non sia il momento giusto per fare cambiamenti è testimoniato dal calo dell’ambizione di iniziare qualcosa di diverso, passata dal 58% di un anno fa al 48% attuale.

Incentivi e innovazione spingono gli acquisti per la casa

Durante il lockdown le attività domestiche hanno trainato anche parte degli acquisti non food, segno che gli italiani hanno sfruttato il tempo per effettuare riparazioni domestiche o abbellimenti, spesso rimandati o delegati a terzi. La sensibilità per la cura e l’ammodernamento della casa e degli ambienti domestici si è intensificata negli ultimi mesi, ma è una tendenza che era già in atto da alcuni anni, come emerge dall’Osservatorio Non Food 2020 di GS1 Italy.

Mobili, arredamento e bricolage

A sostenere la domanda di mobili e arredamento sono state la ripresa del mercato immobiliare e le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e di riqualificazione energetica. Tra le principali voci di spesa risultano gli arredi per il bagno e i mobili per la cucina, e se con quasi metà delle vendite (48,0%) i negozi specializzati tradizionali restano il principale canale distributivo i consumatori che puntano al risparmio hanno scelto il canale online, che ha registrato il 4,3% di vendite in più. A segnare la novità per il segmento del bricolage è invece la proposta dei prodotti che uniscono innovazione e tecnologia per intercettare la richiesta dei consumatori in termini di migliori prestazioni d’uso e risparmio di tempo. Il segmento del giardinaggio, tempo libero e autoaccessori ha coperto il 52,3% delle vendite totali, mentre quello dell’edilizia e fai da te il restante 47,7%.

Elettrodomestici grandi e piccoli

Innovazione tecnologica, risparmio energetico, multifunzionalità, usabilità e design hanno guidato le scelte dei consumatori per gli elettrodomestici bianchi, che hanno premiato i frigoriferi con touchscreen e monitoraggio della conservazione del cibo, le lavatrici dotate di sistemi di ottimizzazione dei cicli, le asciugatrici e le lavastoviglie. Anche l’home comfort (condizionatori d’aria e prodotti per il riscaldamento) hanno contribuito al trend espansivo grazie soprattutto agli incentivi per la riqualificazione energetica. A trainare il mercato dei piccoli elettrodomestici nell’ultimo anno sono stati invece soprattutto i prodotti per la cura della casa, in particolare, aspirapolvere senza fili, mentre i prodotti per la preparazione del cibo hanno rallentato la crescita. Tra i prodotti per la cura della persona le performance migliori sono state quelle di asciugacapelli e prodotti per l’igiene dentale.

Inversione di tendenza per sicurezza domestica e tessile

Inversione di tendenza per il comparto informatico, che nel 2019 ha segnato una flessione annua di -1,6%. Unica eccezione, le vendite di visual cam per la sorveglianza domestica, aumentate per la crescente attenzione verso i prodotti legati alla sicurezza e le politiche promozionali attivate su queste referenze. Anche per le referenze riferite al tessile se si è speso sempre meno: il segmento perde il -2,4% su base annua, e il fatturato complessivo si attesta a 1,309 miliardi di euro. Nel tessile casa trionfa comunque l’home living, e la voglia di personalizzare lancia l’online, che segna il +3,3% annuo. Decisive per questa performance sono state infatti la possibilità di acquistare sul web i prodotti delle principali aziende del comparto, e soprattutto il servizio di personalizzazione.

Stereotipi di genere e giovani italiani: c’è ancora molto da fare

Come si comportano e reagiscono gli adolescenti italiani in merito al tema degli stereotipi di genere? A questa domanda ha risposto un’indagine condotta da Ispos per Save the Children in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Il sondaggio ha voluto indagare in particolare i comportamenti e il percepito dei più giovani rispetto a questo argomento. I principali risultati della ricerca fanno pensare che di strada ce ne sia ancora molta da percorrere. Un dato su tutti: il 70% delle adolescenti dichiara di aver subito molestie in luoghi pubblici e apprezzamenti sessuali, al 64% di loro è capitato di sentirsi a disagio per commenti o avance da parte di un adulto di riferimento e quasi una su tre è stata palpeggiata in luoghi pubblici (31%). Ancora poche quelle che denunciano le molestie, sia per paura della reazione (29%) sia per vergogna (21%). Sul fronte del “percepito”, sono ancora troppe le giovanissime che si sentono in svantaggio rispetto ai coetanei maschi: ben il 54% delle ragazze afferma di essersi sentita in svantaggio solo per questioni di genere, almeno qualche volta.

Il web non sempre aiuta

Per quanto riguarda il mondo online, lo studio evidenzia che il 39% dei ragazzi e delle ragazze in Italia sono esposti sul web a contenuti che giustificano la violenza contro le donne, con una forbice che si allarga dal 31% dei maschi al 48% delle femmine. Tra le ragazze il 41% ha visto postare dai propri contatti social contenuti che l’hanno fatta sentire offesa o umiliata come donna. Ancora più grave è il fatto che i pregiudizi, anche nelle nuove generazioni, sono difficili da superare: il il 15% degli adolescenti (il 21% tra i maschi e il 9% tra le ragazze) ritiene che le vittime di violenza sessuale possano contribuire a provocarla con il loro modo di vestire o di comportarsi.

Il ruolo della “bellezza”

Anche per ciò che concerne l’aspetto estetico sopravvivono grandi pregiudizi. “Il 57% degli intervistati pensa che la bellezza femminile possa essere uno strumento per il successo (il dato maschile sale a 63%), una percezione che si conferma nel 46% degli intervistati che affermano che per le femmine essere attraenti è più importante che per i maschi (il 39% delle ragazze intervistate ne è convinta, percentuale che aumenta al 53% nei coetanei maschi)” riporta lo studio. Infine, anche tra i più giovani resiste le stereotipo che affermarsi nella propria vita professionale sia più importante per i maschi che per le femmine (quasi il 40% dei maschi ne è convinto, contro il 21% delle ragazze), come anche avere un’istruzione universitaria sia più importante per un ragazzo che per una ragazza.

Perdere il lavoro preoccupa metà dei lavoratori in tutto il mondo

La pandemia ha fatto crescere nel mondo la sensazione di precarietà riguardo la propria situazione lavorativa, e il timore è quello di ritrovarsi disoccupati nel giro di un anno. In media il 54% degli adulti occupati di tutto il mondo afferma infatti di essere preoccupato per la perdita del lavoro nei prossimi 12 mesi. La percentuale di chi lamenta preoccupazione per la perdita del proprio lavoro nel prossimo anno varia però ampiamente da Paese a Paese, e va dal 75% in Russia al 73% in Spagna e il 71% in Malesia a solo il 26% in Germania, il 30% in Svezia e il 36% nei Paesi Bassi e gli Stati Uniti. L’Italia si piazza al centro della “classifica”: nel nostro Paese risulta preoccupato per la perdita del proprio lavoro il 49% della popolazione. 

La capacità di acquisire nuove competenze 

Si tratta di alcuni dati emersi da una indagine Ipsos condotta per il World Economic Forum tra 12.000 lavoratori adulti di 27 Paesi. La ricerca mira a indagare le preoccupazioni per la perdita del lavoro e la capacità di acquisire nuove competenze al fine di svolgere i cosiddetti lavori del futuro. A livello globale il 67% degli adulti occupati intervistati afferma infatti di poter apprendere e sviluppare le competenze necessarie per i lavori del futuro. In particolare, tramite l’attuale datore di lavoro.

Spagna, Perù e Messico più fiduciosi di Giappone, Svezia e Russia

Nei 27 Paesi considerati dall’indagine la capacità percepita di apprendere e sviluppare nuove e necessarie abilità sul lavoro è più diffusa in Spagna (86%), in Perù (84%) e in Messico (83%), e meno comune in Giappone (45%), in Svezia ( 46%) e in Russia (48%). In Italia, la percentuale degli adulti che afferma di poter apprendere e sviluppare nuove competenze è anche maggiore rispetto alla media globale, ed è pari al 71%.

Acquisizione di nuove competenze versus precarietà del lavoro 

A livello globale, è più probabile che i lavoratori affermino di poter apprendere e sviluppare le competenze necessarie per i lavori del futuro attraverso il loro attuale datore di lavoro (67%) piuttosto che esprimere preoccupazione per la perdita del lavoro nei prossimi 12 mesi (54%). Una differenza, questa, di 13 punti percentuali. Questo dato è confermato anche in Italia (71% vs. 49%), e i Paesi in cui si concentra la maggioranza degli intervistati che ritiene di poter acquisire nuove competenze sul lavoro sono gli Stati Uniti e la Germania. Al contrario, i Paesi in cui predomina la preoccupazione per la perdita del proprio posto di lavoro sono Russia, Malesia, Polonia, Giappone, Turchia e Corea del Sud.

Il podcast spopola, è boom di ascoltatori digitali

Il 30 settembre è stata la giornata mondiale del podcast. Nati grazie alla tecnologia RSS all’inizio degli anni 2000, venti anni dopo i podcast hanno fatto un vero e proprio balzo in avanti. Complice anche il lockdown, che in Paesi come l’Italia ha fatto crescere la fruizione di questo mezzo di intrattenimento da parte dei cittadini. Almeno, stando al 70% di chi ha risposto al sondaggio effettuato da Wiko, l’azienda francese produttrice di smartphone, sulla sua community.

Molti lo hanno scoperto durante il lockdown

Se il podcast è considerato una forma di intrattenimento da ascoltare in macchina mentre si va o si torna dal lavoro e quando nessuno poteva uscire di casa, durante la quarantena forzata, ha conosciuto una diffusione boom, i dati sono ancora più significativi.  Il podcast, vera e propria scoperta per molti durante il lockdown, è diventato sempre più un appuntamento fisso per gli ascoltatori digitali. Un esempio? Per No Time To Die, il nuovo atteso film di 007 di Cary Joji Fukunaga, tra anticipazioni di trailer, del manifesto, della data di uscita (il 12 novembre) il 30 settembre è arrivato per la prima volta anche il podcast ufficiale, con il racconto del film e James Bond “in persona”, ovvero l’attore Daniel Craig. Insomma, il racconto digitale ha proprio raggiunto il top della popolarità.

I preferiti? Quelli di intrattenimento e sport 

Oggi i canali disponibili sulle piattaforme di ascolto sono più di 1 milione. I podcast preferiti, secondo il sondaggio, sono quelli di intrattenimento e sport (57%), privilegiati rispetto a quelli di informazione (43%). Il 51% degli intervistati, poi, dichiara di avere il suo o i suoi canali di riferimento a cui è fedele, riporta Ansa. Il mezzo più utilizzato per l’ascolto è lo smartphone (69%), preferito a pc e altri dispositivi (31%). Questo è dovuto anche al fatto che si ascolta più volentieri in viaggio (61%) rispetto a quando si è a casa (39%).

Un altro dato interessante riguarda la durata del podcast. Il 60% degli intervistati afferma di interrompere l’ascolto se il podcast risulta troppo lungo.

Un arricchimento culturale

Anche se è ancora poco utilizzato (33%) rispetto alla Radio (67%), il podcast ha grandi opportunità di crescita, ed è diventato il megafono di tanti personaggi famosi dal mondo della politica e dello spettacolo. Ma il podcast non è un mezzo solo per Vip e Influencer, al contrario, è un canale “democratico” che tutti possono utilizzare. In particolare, ne viene apprezzata la narrazione, che permette di apprendere maggiori informazioni. Ed è per questo che il 40% degli intervistati dichiara di ascoltare i podcast anche come arricchimento culturale, e anche per migliorare il proprio inglese.

Viaggi estivi all’estero, quest’anno il 70% in meno

Lo scorso anno gli italiani hanno speso il 23% in più per le vacanze rispetto all’estate 2020. Le restrizioni e la paura del contagio hanno avuto un impatto decisamente negativo sui programmi estivi degli italiani. In particolare, sui viaggi verso altri Paesi. Quest’anno infatti gli italiani che hanno viaggiato all’estero sono stati il 70% in meno dell’anno passato. Quest’anno, inoltre, la spesa dei vacanzieri è stata maggiore per i soggiorni negli appartamenti rispetto a quelli in hotel, così come per i pasti fai-da-te rispetto a quelli consumati al ristorante. Ad analizzare le spese degli oltre 400 mila clienti italiani è Revolut, la app finanziaria che offre servizi bancari tra cui una carta di debito prepagata, cambio valuta, cambio di criptovaluta e pagamenti peer-to-peer.

Le mete di chi ha scelto comunque di varcare il confine

Ma quali sono le mete di chi quest’estate ha scelto comunque di varcare il confine? Tra giugno e agosto 2019, riporta Askanews, per le proprie vacanze all’estero i viaggiatori italiani hanno preferito come destinazioni principali il Regno Unito, la Spagna e gli Stati Uniti, mentre nel 2020 le mete più popolari sono state Francia, Regno Unito e Svizzera. La Spagna, di solito tra le destinazioni estive preferite dagli italiani, quest’anno è scivolata al quarto posto.

Più vacanze in appartamento, meno soggiorni in hotel

Dopo aver trascorso quasi tre mesi in casa a causa del lockdown e delle restrizioni, i clienti italiani di Revolut per le vacanze hanno optato per alloggi più isolati e sicuro rispetto ai più affollati hotel. Anche chi ha viaggiato all’estero. Tanto che la cifra spesa per i soggiorni in albergo nel 2020 è diminuita del 12% rispetto all’anno precedente, mentre quella relativa alle vacanze in appartamento, inclusi gli appartamenti affittati tramite Airbnb, è aumentata del 33%.

Più pasti fai da te e noleggio auto, meno cene al ristorante

Oltre a scegliere strutture meno affollate secondo Revolut durante le vacanze all’estero gli italiani hanno anche preferito cucinare a casa e ridurre le visite ai ristoranti. Rispetto all’estate 2019 la spesa presso i supermercati è infatti aumentata del 44%, mentre quella per i pasti al ristorante è diminuita del 23%.

Non è tutto, il noleggio auto ha assistito a un aumento del 20% rispetto allo scorso anno. A dimostrazione del fatto che per spostarsi le persone hanno preferito utilizzare un mezzo di trasporto privato quando possibile, anziché viaggiare su mezzi di trasporto collettivi come treni, bus o aerei.

I vantaggi del taglio laser industriale

Il taglio laser è un tipo di tecnica adoperata per lavorare tagliare pezzi di qualsiasi tipo di materiale in maniera rapida ed estremamente precisa. Per questo motivo tale soluzione è ampiamente adoperata nell’ambito dell’industria automobilistica, così come in ambito militare, medico, industriale ed estetico.

Come funziona il taglio laser?

I macchinari che adoperano questo tipo di tecnica sfruttano la luce quale strumento di taglio. Il raggio laser si focalizza su un punto del materiale da lavorare con una potenza tale da farlo fondere ed evaporare. Il risultato è una esecuzione davvero precisa del taglio, che consente di ottenere una finitura di qualità davvero molto particolare e dettagliata.

I vantaggi del taglio laser industriale

I moderni laser industriali presentano parecchi vantaggi che consentono di aumentare la velocità di produzione diminuendo tempi di lavorazione e costi, mantenendo la qualità inalterata.

  • Non serve tagliare le fustelle
  • È possibile apportare anche piccolissime modifiche
  • Non ci sono sbavature
  • È possibile effettuare tagli complessi
  • È una tecnologia che rispetta l’ambiente

I macchinari adoperati per poter riuscire a fare questo tipo di taglio sono molto avanzati, ed in questa maniera riescono a garantire una precisione di taglio senza eguali. Optoprim è una azienda specializzata nella fornitura di laser industriali, con una grande esperienza alle spalle ed in grado di offrire alle aziende clienti tutta la sicurezza di cui hanno bisogno per poter migliorare la qualità della produzione velocizzando l’intero processo.

L’ampio catalogo di prodotti offerti infatti, consente di rispondere alle esigenze dei vari mercati e dunque dei settori all’interno dei quali i clienti operano. Viene offerto supporto ai clienti sia in fase progettuale che nel momento in cui il progetto viene definito, aiutando ciascuno ad individuare esattamente la tipologia di laser necessario in base al tipo di lavorazione e di utilizzo che se ne intende fare.

Luglio, il clima di fiducia sale per le imprese, meno per i consumatori

Luglio 2020 fra luci e ombre per quanto riguarda il clima di fiducia da parte dei cittadini e delle imprese. A misurare il “polso” al sentiment degli italiani è l’Istat, che stima per luglio una leggera flessione del clima di fiducia dei consumatori, rispetto al mese di giugno 2020: il valore è passato da 100,7 a 100,0. Diverso, invece, l’indice composito del clima di fiducia delle imprese: questo sale per il secondo mese consecutivo, passando da 66,2 a 76,7. Le componenti economica e futura del clima di fiducia dei consumatori sono in diminuzione (da 87,1 a 85,7 e da 105,6 a 104,2 rispettivamente), mentre cresce sia la componente personale (da 104,5 a 105,2) sia quella corrente (da 96,4 a 97,3).

Aziende, sentiment positivo in tutti i settori

Tornando invece alle imprese, le stime dell’Istituto nazionale di Statistica mettono in luce un segnale sicuramente positivo, nel segno dell’ottimismo: un aumento della fiducia diffuso a tutti i settori, anche se con intensità diverse. In particolare, nell’industria l’indice di fiducia del settore manifatturiero sale da 80,2 a 85,2 e nelle costruzioni aumenta da 124,0 a 129,7. Per il comparto dei servizi, si evidenzia una marcata risalita dell’indice sia nei servizi di mercato (da 52,1 a 65,8) sia nel commercio al dettaglio (l’indice passa da 79,6 a 86,3). Per quanto attiene alle componenti dell’indice di fiducia, nell’industria manifatturiera migliorano sia i giudizi sugli ordini sia le attese di produzione. Le scorte di prodotti finiti sono giudicate in decumulo rispetto al mese scorso (ed è un buon segno). Per le costruzioni, l’aumento dell’indice è trainato da un deciso miglioramento dei giudizi sugli ordini a cui si unisce un peggioramento delle aspettative sull’occupazione presso l’impresa. Nei servizi di mercato e nel commercio al dettaglio migliorano tutte le componenti dell’indice; in particolare, nei servizi si segnala il deciso recupero dei giudizi e delle attese sugli ordini e nel commercio l’aumento marcato sia dei giudizi sia delle aspettative sulle vendite.

Risposte senza variazioni Un altro dato da tenere in considerazione, e che conferma il sentimento positivo espresso soprattutto dalle imprese, risiede proprio nella modalità di risposte all’Istat da parte degli intervistati. Nella fase di rilevazione dei dati, effettuata tra il 1° e il 17 luglio 2020, non vi è stata alcuna riduzione del tasso di risposta delle imprese a causa dell’emergenza sanitaria. Come a dire, tutto sotto controllo: si torna, davvero, alla normalità

Coronavirus e cyber risk, 230mila campagne malevole tra febbraio e aprile

Tra febbraio e aprile 2020 sono state oltre 230.000 le campagne malevole a tema Coronavirus in tutto il mondo, di cui il 6% verso l’Italia. La pandemia ha quindi amplificato gli attacchi informatici su determinati obiettivi, in particolare sull’industria farmaceutica. È quanto hanno rilevato i Security Operation Centre di Leonardo, l’azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, durante l’evento online dal titolo Evoluzione del cyber risk e gli impatti sulla vita delle aziende italiane e dei cittadini, promosso da Leonardo insieme ad Aipsa, l’Associazione Italiana Professionisti Security Aziendale.

Aiutare le imprese a garantire l’incolumità dei dipendenti

Secondo Barbara Poggiali, Managing Director della Divisione Cyber Security di Leonardo, “l’attuale scenario ci impone una riflessione e un cambiamento di tendenza nella cultura della sicurezza”. All’interno di un ecosistema interconnesso e digitale la sicurezza deve essere intesa in senso globale per salvaguardare la resilienza e la crescita delle imprese.

Soprattutto in questo momento, in cui l’emergenza coronavirus ha spostato le attività su internet, “la necessità della sicurezza cyber è assolutamente importante – sottolinea Barbara Poggiali -. Il nostro approccio nasce da una base di competenza a 360 gradi”, e la divisione Cybersecurity di Leonardo ha “sviluppato soluzioni per rendere il lavoro da remoto sicuro – continua Poggiali – e aiutare le imprese che stanno tornando alla normalità a garantire l’incolumità dei dipendenti”. Insomma, solo un’adeguata conoscenza può mettere al riparo le imprese da sempre più frequenti attacchi informatici.

Promuovere una trasformazione digitale sicura

L’evoluzione del rischio cyber è un aspetto da non sottovalutare che richiede cultura e formazione in materia di cyber security.

“L’urgenza di una trasformazione digitale sicura – continua Poggiali – è un’istanza resa ancor più cruciale dall’accelerazione del processo di digitalizzazione dovuta all’emergenza del Covid-19”.

Un altro argomento di discussione affrontato nel corso del webinar ha riguardato il Crisis Management, ovvero la capacità da parte di un’azienda di dare una risposta tempestiva e garantire un’efficiente gestione della crisi per preservare l’intera catena del valore.

Come? Attraverso una rigorosa pianificazione preliminare e una preparazione costante insieme al monitoraggio delle minacce cibernetiche, riporta Adnkronos.

Preservare dal cyber risk l’intera catena del valore di un’azienda

Nel corso del webinar, oltre a Barbara Poggiali hanno partecipato il presidente dell’Aipsa, Andrea Chittaro, e il presidente del Clusit (l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica), Gabriele Faggioli. L’evento digitale ha quindi aperto un dibattito su come preservare dal cyber risk l’intera catena del valore di un’azienda.